In questa opera noi scorgiamo la sintesi di una vita meditata, di una esperienza vissuta in nome dell'umanità. Niente di retorico o di simbolico è in essa, solo sofferenza e dolore e l'Homo homini lupus sembra essere assurto ai fastigi di codice e condizione dei rapporti umani. Lo scultore Carmelo Mendola, nella sua composizione, ha affrontato e risolto appunto in maniera mirabile, il problema centrale della vita umana. Egli, si può dire, prima di essere scultore, è pensatore e filosofo, poiché il concetto della sua opera sovrasta nettamente la, pur valorosa, realizzazione estetica del concetto stesso. Nella sua allegoria troviamo uno che vuole salire, perché ancora non sa; uno che sfinito e vinto si accascia, ormai inerte e rassegnato; e l'ultimo che è riuscito ad arrivare, stringe nel suo pugno vittorioso niente più che una manciata di terra. Solo la scultura ed un artista eccezionalmente dotato, potevano rendere tanta tragedia, che in un solo blocco, racchiude la potenza e la morte, l'avidità e lo sconforto, l'odio per il prossimo e la pietà per se stessi... L'opera è stata realizzata in pietra lavica, la materia meno plastica che esiste al mondo, ed anche per questo siamo grati a questo nostro concittadino che ha scelto il simbolo della nostra terra per realizzare una delle sue maggiori opere, e certamente una delle più sentite e impegnative.

(Riccardo Campanella)